Biografia
Il ragazzo rosso
Renato ci accoglie a casa sua e, dopo essersi presentato usando il suo segno nome inizia a raccontare: “sono figlio di sordi segnanti e sono cresciuto in un periodo in cui le informazioni erano poco accessibili per le famiglie “sorde” quindi in casa ricevevo pochi stimoli per la crescita culturale e a scuola ero assolutamente un somaro. All’ennesima bocciatura mio padre mi obbligò ad andare a lavorare. Nonostante lo scarso risultato scolastico, ero comunque sempre fortemente stimolato dalla curiosità e dall’interesse per la cultura in generale e andavo ovunque mi potessi arricchire di nuove informazioni. Nel 1968, avevo 16 anni, c’era la rivoluzione dei giovani, c’era la protesta contro la guerra in Vietnam. Anche io cominciavo a sentire l’ingiustizia della guerra, ad essere trasportato dal clima rivoluzionario e a partecipare alle manifestazioni. Partecipavo agli incontri del Movimento Studentesco dell’università e a tutto ciò che potesse accrescere i miei interessi e soddisfare la mia fame di conoscenza.
Ad un certo punto mi appassionai alla politica: ero curioso di capire i meccanismi di gestione governativa e logistica, nel tempo ho seguito sempre di più questo nuovo interesse. Non avevo mire di carriera ma dedicavo tutte le mie energie ad approfondire questa nuova passione. Mi piaceva ascoltare e imparare e mi piaceva anche rendermi partecipe alle lotte per la conquista dei diritti fondamentali. Sono orgoglioso e soddisfatto della battaglia per rendere pubblica villa Torlonia (vicino piazza Bologna) che era sempre stata chiusa e che fu aperta con l’impegno di alcuni attivisti della mia generazione. Sono felice che, grazie a queste lotte che mi hanno visto tra i protagonisti, ancora oggi tutti noi abbiamo modo di visitare villa Torlonia. Questo è solo un esempio di come io abbia vissuto quegli anni, un clima generale di proteste per cambiare in meglio alcune condizioni di vita. Si facevano le manifestazioni per la lotta del diritto all’aborto, al divorzio, leggi che ancora non c’erano in Italia mentre in altre parti del mondo sì.
Sentivo che era giusto aderire a queste battaglie così nel periodo del referendum per la legge sul divorzio, nel 1974, mi occupavo di affiggere i manifesti della campagna politica. Fu un’esperienza che non avrei più dimenticato: una sera, mentre affiggevo dei manifesti per il “sì” nella zona di piazza Bologna, sono stato aggredito insieme ad altri tre amici da una ventina di giovani fascisti. Questi ci avevano intimato di togliere i manifesti ma al nostro rifiuto venimmo alle mani. Scoppiò una rissa che poteva andare a finire molto male. Uno dei giovani fascisti tirò fuori la pistola e ferì tre di noi, me compreso, mandandoci all’ospedale. Ci salvammo. Ma da allora sono diventato più prudente e più attento ad evitare scontri che potessero rivelarsi pericolosi. La mia passione politica si rafforzò e io continuai ad essere attivo e partecipe. Finalmente nel 1978, con un concorso, vinsi il bando per entrare a lavorare alla Camera dei Deputati. Naturalmente lì c’era molta più politica e la mia curiosità divenne insaziabile. Infatti fui contentissimo. Ho lavorato lì fino al 2004. In quel periodo, grazie al lavoro, ho potuto fare nuove esperienze ed acquisire grandi conoscenze. Ho potuto conoscere uomini importanti, onorevoli, politici, giornalisti.
La politica era intorno a me, non solo al lavoro, ma anche a casa. Intorno al 1975 c’era il movimento femminista a cui partecipava mia moglie, molto attiva nella lotta per i diritti delle donne. Mia moglie ha partecipato ad un’organizzazione per aiutare le donne che dovevano abortire (allora l’aborto era ancora illegale) realizzando viaggi settimanali per accompagnare con l’aereo gruppi di donne a Londra dove invece la pratica dell’aborto era consentita. Contemporaneamente e parallelamente si lottava per avere la legge sull’aborto. Che finalmente arrivò e non servì più andare a Londra. Malgrado l’approvazione della legge, la situazione in Italia era ancora difficile e il clima scettico. C’era ancora molto da fare. Io ho condiviso con mia moglie queste esperienze, supportandola nelle sue battaglie così come lei nelle mie. C’è una forte intesa ideologica, politica e passionale tra noi. Sono consapevole della mia ricchezza di bagaglio personale e culturale, sono contento e soddisfatto della mia vita. Ci sono aneddoti, episodi ed esperienze della mia vita intrecciata con la politica. Avevo un rapporto cordiale e collaborativo con l’onorevole Napolitano. Napolitano all’epoca era capogruppo del partito (PCI), e praticamente tutti i giorni eravamo a contatto per motivi professionali, qualsiasi cosa di cui lui avesse bisogno tra ricerca di documenti, leggi, pratiche io gliela procuravo. Ho conosciuto tanti giornalisti. Tra cui anche Nonno (Pasquale Nonno, il papà di Violante a cui tende il dito Renato durante la video-intervista), lo conoscevo bene. Sono contento di aver potuto conoscere molti giornalisti perché è anche grazie a loro che ho potuto arricchire il mio bagaglio di conoscenza politica.
A proposito del movimento femminista, si svolgevano delle manifestazioni in cui partecipavano migliaia di persone, soprattutto donne. Trenta, quaranta, cinquantamila donne. Una folla! Con il tempo sono diminuite sempre di più. Oggi non si vede più questa partecipazione e può sembrare che le donne non siano più interessate, ma non è così. Probabilmente grazie alle conquiste importanti che ci sono stati le donne si saranno nel tempo rasserenate ma ora… se oggi qualcuno si permettesse di toccare le conquiste che loro hanno fatto e di peggiorare la situazione come se tornassimo indietro nel tempo, beh, credo proprio che le donne sarebbero pronte a lottare di nuovo. E io sosterrei le loro battaglie. Perché è giusto così! Ora viviamo un momento pericoloso in cui imperversano il razzismo, l’omofobia e altre situazioni di intolleranza… io sosterrò sempre le battaglie per la lotta contro queste forme di discriminazione. Sono assolutamente a favore della democrazia e della libertà! I sordi non praticavano la politica per cui le informazioni, quando c’erano, erano rare. Spesso succedeva durante le campagne elettorali. Allora sì che i politici tenevano comizi presso i sordi per acchiappare i voti. È sempre stato così, la storia si ripete. Adesso la situazione è un po’ cambiata. Speriamo in futuro cambi ancora e in meglio!
I sordi avevano veramente poco accesso alle informazioni sulla politica. Mio padre aveva fondato un’associazione a piazza Bologna ed io ogni giovedì andavo lì, insieme ad un gruppo del corso interpreti, posavo i giornali sul tavolo e raccontavo ad un pubblico di sordi ciò che c’era scritto e rispondevo alle loro domande. Quasi come se fosse stata una scuola di politica. Preciso però che io non intervenivo con le mie idee ma semplicemente traducevo e raccontavo ciò che i giornali dicevano. A quei tempi i sordi non leggevano proprio i giornali e il telegiornale non era accessibile. Oggi sì, c’è il servizio di interpretariato anche se per pochi minuti. Ma almeno c’è! Allora non c’era nulla.”